Storia di una comunità di insegnanti affamati e folli
Jenny Poletti Riz
Pubblicato il 3 Ottobre 2016
Di solito le mie sono storie di studenti. Ma questa volta vorrei raccontare una storia di insegnanti. Di insegnanti e social media.
Che accoppiata pericolosa, si penserà… E magari si immagineranno le solite lamentele sulle condizioni della scuola e terrificanti post in sindacalese. E invece no, ma andiamo con ordine.
Come è iniziato il tutto?
Dalle bibliofile orsennate naturalmente.
Questo è il buffo nome alla Frassica del nostro micro gruppo su Telegram, formato da sole tre persone: Daniela, Elisa ed io.
L’ho descritto in un post su Facebook e ve lo condivido:
“Una delle gioie più grandi di quest’anno: ho trovato due compagne di viaggio con cui condividere la passione/ossessione per l’insegnamento e in particolare per il laboratorio di scrittura. E quando dico condividere intendo:
- almeno 30/40 messaggi vocali e mail al giorno sulle nostre avventure in classe, sulle scoperte, sulle idee che ci vengono, sui successi dei nostri studenti;
- una cartella condivisa su Drive che avrà almeno 100 sottocartelle e un numero impressionante di file che aumentano ogni giorno: minilesson scritte da una o dall’altra, testi modello da proporre in classe, strumenti di valutazione, piani annuali e tanto altro;
- incontri serali periodici in cui facciamo le ore piccole parlando animatamente di libri, di scrittura e di come insegnarla ed entusiasmandoci come bambine alle giostre.
Proprio ieri sera Elisa e Daniela sono arrivate con le loro borse cariche di libri e la mia sala si è trasformata in una via di mezzo fra un suq e un salotto letterario. Siamo andate avanti fino a mezzanotte a programmare, confrontarci su ciò che ha funzionato in classe, a parlare e scambiarci libri su libri. Con le guance rosse per l’entusiasmo.”
Meglio delle mie parole rende l’idea la voce di Elisa che ne parla qui.
Ma il micro gruppo è stato solo l’inizio. Dal blog, da incontri di formazione è nata infatti la voglia da parte di diversi colleghi di tenersi in contatto, di continuare a chiacchierare. E quindi, vai con le amicizie su Facebook. Ma non era sufficiente, volevamo un confronto più approfondito e costante ed è bastato un giorno di vacanza per far nascere un gruppo, sempre su Facebook. Un gruppo di insegnanti che si occupano soprattutto di scrittura e di lettura. Purtroppo non è bastato un giorno di vacanza per trovare l’ispirazione su un nome che si allontanasse dall’inglese di tutti i libri su cui stavo studiando e sudando. Ed ecco il nuovo nato: “Italian Writing Teachers“. Prima pochissimi amici e poi via via altri docenti di tutta Italia.
Non so come, quasi per magia, nel gruppo entrano insegnanti d’eccezione: preparati, appassionati, coraggiosi e un po’ folli.
E apriamo le danze: una girandola di proposte, attività didattiche, consigli di lettura. Un fiorire di idee e riflessioni. Uno scambio ricchissimo. Ogni giorno un po’ più di stupore, mascelle che cadono di fronte a tanta competenza e voglia di condivisione. Sembravamo assetati partecipanti ad una maratona a cui è stata allungata una bottiglietta d’acqua.
Nessuna competizione, nessun off topic, nessun bisogno di moderazione. Tanto senso di appartenenza.
Ci siamo conosciuti meglio e più bevevamo, più ci veniva sete. E d’estate, si sa, si tende a disidratarsi facilmente, quindi per non restare a bocca asciutta abbiamo aperto anche tre gruppi su Telegram, app simile a whatsapp. Un salotto letterario dal nome più riuscito: “Raccontami di un libro perfetto”, un gruppo specifico sul Writing and reading workshop e un gruppo di studio e di ricerca dal nome ardito “Fearless Teaching”.
Anche in questo momento mi devo trattenere: rischio di diventare stucchevole perché tendo ad emozionarmi se ci penso. Mi emoziono perché ne è venuta fuori una comunità di pratica, di più, una comunità di animi affini.
Parliamo spesso di Cooperative Learning ma noi, come ha detto benissimo Silvia, facciamo sul serio Cooperative Teaching!
È incredibile la quantità di spunti, di sollecitazioni, di aiuti che ogni giorno arrivano da questi colleghi. Con un’umiltà e una generosità che, ammettiamolo, sono ancora più stupefacenti se pensiamo che si tratta di maestre di italiano e di prof di lettere…
Per la prima volta ho occasione di avere un serio peer feedback da tanti colleghi preparati, onesti e incoraggianti. Per la prima volta sto sperimentando i benefici e la crescita portati da quella che in inglese si chiama “reflective practice”.
Ho sempre desiderato condividere la mia passione, il mio percorso con altri e finalmente ho trovato una vera comunità.
Naturalmente questo non esclude la possibilità di collaborare con i colleghi delle nostre scuole, anzi! Però è un aiuto e a volte la salvezza per chi si sente un pesce fuor d’acqua, per chi si trova in realtà poco accoglienti o stimolanti. Serve per uscire dalle mura a volte soffocanti delle nostre aule e sale insegnanti.
Ecco, direi che si tratti in assoluto dell’uso migliore possibile dei social network.
Provatelo con i vostri colleghi, ma solo se condividete la stessa idea di scuola, e se non temete di far salire alle stelle il vostro esborso su Amazon, come racconto anche in questa presentazione corale, a metà tra la ricetta e l’ode, realizzata con il contributo di tante colleghe-amiche.
Vi voglio lasciare con le parole di Cristina che testimoniano la profondità del legame che ci unisce molto meglio di come potrei fare io:
Se ripenso a quello che rappresentano per me il gruppo Facebook Italian Writing Teachers e in particolare quello di Telegram, potrei affermare che…
Adesso vengo anche da qui… da questa esplosiva aula insegnanti virtuale dove si guarda tutti verso la stessa direzione, quella dell’innovazione didattica non fine a se stessa ma finalizzata al reale miglioramento delle competenze dei nostri ragazzi
Adesso vengo anche da qui… da questa variegata comunità di docenti affamate e folli, ma soprattutto generose nella condivisione di pratiche didattiche efficaci
Adesso vengo anche da qui… da questa bottega artigiana 2.0 dove tutte si avvicendano apprendiste e maestre
Sì, adesso vengo anche da qui… questi due gruppi sono “i miei” e GUAI A CHI ME LI TOCCA!”
Anch’io vengo da qui ora, vengo da voi, colleghi.